di Fabio Seu

E’ presto per provare anche solo a fare ipotesi e congetture sul repentino schianto dello stato siriano, capire cosa sia realmente successo e chi sono i traditori. La repentinità dello schianto suggerisce che, molto probabilmente, i traditori e i doppiogiochisti siano stati più d’uno. Probabilmente all’interno degli apparati e degli alti gradi dell’esercito. Il quale esercito lasciato a sé stesso, fiaccato da una lunga guerra, da periodiche recrudescenze di guerriglia islamista e, nell’ultimo anno, da ripetuti e continui bombardamenti israeliani, non poteva comunque resistere per lungo tempo, era inevitabilmente destinato a sfaldarsi. Ci si dovrebbe chiedere perché la Russia non abbia fornito alla Siria, dopo averli a lungo promessi, i sistemi di difesa antimissile per opporsi ai ripetuti bombardamenti missilistici di Israele. Una scelta che ha certamente influito negativamente sul morale e la tenuta dell’esercito siriano.

E qui bisogna allargare il discorso e interrogarsi sul ruolo avuto dai cosiddetti “alleati di ferro” di Bashar al Assad, la Russia e l’Iran.

Per quanto concerne l’Iran, per il quale la caduta del regime siriano sembrerebbe avere conseguenze geopolitiche disastrose, con la perdita potenzialmente definitiva del corridoio sciita che avrebbe dovuto congiungere Teheran al Mediterraneo, il disimpegno in Siria, con la fuga  dei pasdaran e persino del personale diplomatico nei giorni precedenti la caduta del regime, parrebbe avvalorare le ipotesi fatte da molti autorevoli analisti come Thierry Meyssan sulle divisioni della classe politica iraniana e sul fatto che una parte di essa, che avrebbe il suo referente addirittura nel figlio della guida suprema Alì Khamenei, guarderebbe con favore a un accordo con gli Stati Uniti e vorrebbe rinunciare ad un ruolo attivo in Medio Oriente.

Se fosse così, sarebbe la fine del sogno iraniano di assurgere al rango di potenza anche solo regionale; e in tal caso, avranno chiesto qualcosa in cambio, un baratto geopolitico, o si tratterà di un caso di ordinaria corruzione?

Passando a parlare della Russia, è chiaro che l’ultima parola sul destino di Assad è stata pronunciata da Putin. Dopo la riconquista delle principali città siriane, i russi si sono progressivamente disimpegnati, hanno lasciato un’ampia fascia della Siria nord orientale in mano al SFD, il cosiddetto esercito siriano libero, porzioni di territorio in mano alla Turchia, basi americane nel sud del paese e, come detto prima, non hanno fornito i sistemi di difesa aerea per opporsi ai bombardamenti israeliani. Fino alla decisione degli ultimi giorni, del totale disimpegno che ha portato alla caduta di Assad. Frutto di debolezza? Di un calcolo fatto fin dall’inizio? Di un calcolo maturato nell’ultimo periodo di tempo, in conseguenza degli ultimi eventi? E’ presto per dirlo, ma possiamo dire da subito che è stato un autogol geopolitico per Putin e, a parer mio, un autogol clamoroso. E un’altra cosa possiamo dire da subito, ed è che la Russia si è dimostrata incapace di proteggere i suoi alleati, questo è chiaro e questo potrebbe avere conseguenze nefaste sulla considerazione da parte degli altri paesi e sulla sua influenza geopolitica. Già due anni fa aveva perso l’alleanza dell’Armenia, in guerra con l’Azerbaigian (stretto alleato dell’entità sionista, sarà un caso?). E l’Armenia è passata armi e bagagli sotto la protezione americana. Adesso con la caduta del regime di Bashar al Assad, è riuscita in un colpo solo a perdere uno storico alleato-la Siria- e a metterne gravemente in ambasce un altro non meno importante, l’Iran appunto. Non dimentichiamo che una parte della classe dirigente iraniana guarda con favore ad un appeasement con gli Stati Uniti, come dicevo prima, e adesso sanno che non si possono fidare fino in fondo della Russia. Qualcuno a Mosca avrà tenuto presente tutto questo?

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