di Ingrid Atzei
Dopo aver appreso che in Germania, in occasione delle elezioni europee, si è deciso di far votare anche i sedici-diciasettenni, sull’Avvenire si è dato risalto alla notizia che due professori universitari hanno deciso di cedere la loro scelta di voto ai due figli minorenni di 13 e 16 anni sostenendo che il fatto che i minorenni non votino, pur provvisti di tutte le competenze del caso, sia una discriminazione che sbilancerebbe le decisioni in merito alla spesa pubblica a favore delle fasce di popolazione elettrici. Se voleste farvi un’idea complessiva delle ragioni sottostanti questa decisione, trovate l’articolo qui: https://www.avvenire.it/attualita/pagine/cari-mamma-e-papa-votate-cosi-due-professori-uni .
Dunque, sulla base di questo assunto, con corollari annessi, ed una bella intervista a tre tra il papà ed i due figli, questa coppia di genitori ha proceduto a qualcosa che somiglia molto ad un esperimento di tipo sociale.
Prima di analizzarlo, però, completiamo per benino il quadro. Su Rainews.it troviamo un nuovo spunto di riflessione in merito a quest’idea rivoluzionaria che prende in considerazione nientemeno che il voto per i neonati. E, a breve, lo vedremo. Se voleste approfondire, trovate l’articolo qui: https://www.rainews.it/articoli/2024/05/elezioni-europee-la-provocazione-lanciata-da-due-genitori-votare-come-vogliono-i-figli-minorenni-555e6b42-3749-434c-9f11-19b9ddcabc04.html .
Ed ora una rapida disamina.
- Punto 1. Il problema è che il pensiero critico, ovvero tutte le competenze del caso di cui sopra, si acquisisce nel corso delle esperienze di vita, delle conoscenze e del proprio background formativo/culturale/sociale. In sostanza, il pensiero critico, che è quello sul quale dovrebbero fondarsi le nostre decisioni, si fonda, a propria volta, sul tempo e sull’allenamento all’utilizzo. Ecco perché il neonato non potrebbe votare, diversamente da quanto dichiarato da questa coppia di genitori, secondo quanto riporta Rainews.it: “bisognerebbe promuovere il diritto al voto anche per neonati e bambini prendendo fortemente in considerazione il voto fiduciario, che i genitori potrebbero esercitare per conto dei figli fino al momento in cui gli stessi non siano in grado di esprimerlo autonomamente”. E qui entrano in gioco i punti numero 2. E numero 3.
- Allora, n 2. Quello che questi professori chiamano voto fiduciario fa parte dei compiti della genitorialità. Lo so, non ci sono in circolazione manuali sul perfetto genitore ma che un genitore tutela gl’interessi del figlio è l’ABC, altrimenti, per esempio, ci parrebbe strana la condanna all’ergastolo per Alessia Pifferi.
- N 3. L’idea di fondo della sortita di questa coppia è che, partendo dall’individuare un problema che non esiste, propongono una soluzione che conferma l’agire normalmente convenuto per giungere a proporre, nella sostanza, la duplicazione del voto in capo al singolo genitore. Perché a chi spetterebbe l’onere/onore del voto fiduciario: alla mamma o al papà? Oppure, esageriamo: al genitore 1 o al genitore 2? In sostanza, un neonato che, al netto di tutto ma proprio tutto e per ovvie ragioni naturali, non potrebbe nemmeno impugnare la matitina per esprimerlo ‘sto voto e, infatti, non sta conteggiato nella popolazione di elettori, finirebbe per concedere alla coppia genitoriale ben due voti soprannumerari per sostenere il proprio candidato o i propri candidati preferiti. Ditemi voi se non puzza da lontano questa provocazione…
- 4. Ma, davvero, qualcuno è convinto che un genitore voti pensando unicamente a se stesso e non anche ai propri figli? Anche qui, al netto di moltissime riflessioni, quello che sentiamo sbandierare più spesso è la preoccupazione costante per le generazioni future e poi scopriamo che, proprio quando un genitore può esprimere con il proprio voto un parere su come dovrebbero andare le cose esattamente nel futuro – futuro all’interno del quale, ovviamente, stanno ricompresi i figli che lo vivranno/abiteranno – ci si dimentica di loro! Insomma, qua non è che manca l’ABC, ci si è scordati che l’alfabeto è dato per convenuto già da un po’…
Concludo la mia disamina con un’ultimissima riflessione sul metodo con il quale viene proposto l’articolo sull’Avvenire: questi professori fanno finire i figli sul giornale per il tramite di una provocazione ed inviano a quel giornale un’intervista confezionata da loro stessi dentro le mura di casa. Mi sorge il dubbio che non fosse per proteggerli ma per non doverli preparare ad un confronto diretto con un adulto che avrebbe potuto mostrarsi pungolatore nell’intervistarli e porre domande estemporanee piuttosto che concordate…
Per inciso, giusto per non fermarci alla superficie ed andare oltre la provocazione, si potrebbe pure riflettere sul fatto che creare problemi fittizi per proporre soluzioni ad hoc e rapportarsi al pubblico adulto infantilizzandolo sono due note strategie manipolatorie. Ma, va tutto bene; è solo una provocazione mica un esperimento!