di Annibale Serra

Mi piace l’iniziativa che ha condiviso Luisa Cighetti, intitolata Autori sardi al tempo della speculazione energetica, e vorrei contribuire traendo ispirazione da Arturo Filippi.

A tutti i lettori propongo Il canto del pastore.

Sinfonia di sonagli TURBATI

Fra i dumi, per le tanche.

Una dolcezza acerba,

Quasi sapor di mare, nell’aria FERITA.

E il PIANTO del pastore dirompe nel silenzio.

Si leva quale tardo

Mugghio nel verde: e sale patetico disteso

Verso l’azzurro smalto.

Tremito di singulto che si sciolga in lamento.

Rotea lassù l’INFAME in ansia di rapina.

Pare non colga il filo

Di quella nenia lenta, accorata, che vena

Il cavo degli spazi.

Arcana monodia levata sui nuraghi

Dai prischi abitatori, a gloriar l’aurora.

Voce mesta, PLAGIATA

Dell’anima profonda del nomade-smarrito

Nel vasto della landa –

Traspirante la doglia remota della stirpe.

Il tuo SOFFRIRE mi splende casto come la fiamma

Della lucerna antica sospesa alla capanna.

Dal poggio, onde rimiri

Le pecore brucanti, io sento in me colare

Pastor solitario, l’ansito tuo amore.

SOFFERTA malinconia

M’invade all’ascoltarti,

amarognola, quasi eco di lontananze

che giunga a lo smorire

tacito della sera sul monte di Gonàre.

Tutto mi ADDOLORA

Quel mugolìo che spandi, quando dismorzi il timbro

E par che in te ti chiuda

A ricavar dal fondo le melodie sepolte.

Simile ai tuoi randagi

Occhi PRETENDONO: tinti di rupe, squillanti a primavera

D’iridescenza d’erbe, fulvi di campi riarsi,

Intrisi di mistero.

E nelle veglie tenti le pensili armonie

Stellari di mia terra, A RISCATTAR MIA TERRA.

 

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