di Luisa Cighetti
Da oggi prende avvio una nuova iniziativa letteraria che, fin dal titolo, è tutta un programma. Anzi, un proclama di tallonamento serrato contro gli emungitori a sbaffo delle risorse sarde.
Come s’intitola? Autori sardi al tempo della speculazione energetica.
In cosa consiste? In un rifacimento di famosi testi della cultura letteraria isolana.
Io comincio subito a dare il mio contributo traendo ispirazione da Vespro di Natale di Sebastiano Satta:
Incappucciati foschi a passo lento
Tre presidianti ascendevano la strada
Deserta e grigia, tra la selva rada delle pale
Sotto il ciel d’argento.
Non rumore di mandre o voci, il vento
Agitava le pale per l’algida contrada .
Vasto rumore. In fondo, Monte Spada
Ridea bianco nel vespro sonnolento.
Ed ora a voi. Da quali testi famosi vorreste trarre ispirazione?… Io ne ho in mente tantissimi e ho appena iniziato a scatenare la creatività.
Ciao Blog,
mi piace l’iniziativa, accetto l’invito e propongo: IL CANTO DEL PASTORE DI Arturo Filippi, autore poco conosciuto ma di gran spessore.
IL CANTO DEL PASTORE
Sinfonia di sonagli TURBATI
Fra I dumi, per le tanche.
Una dolcezza acerba,
quasi sapor di mare, nell’aria FERITA.
E il PIANTO del pastore dirompe nel silenzio.
Si leva quale tardo
Mugghio nel verde: e sale patetico disteso
Verso l’azzurro smalto.
Tremito di singulto che si sciolga in lamento.
Rotea lassù l’ INFAME in ansia di rapina.
Pare non colga il filo
Di quella nenia lenta, accorata, che vena
Il cavo degli spazi.
Arcana monodia levata sui nuraghi
Dai prischi abitatori, a gloriar l’aurora.
Voce mesta, PLAGIATA
Dell’anima profonda del nomade-smarrito
Nel vasto della landa –
Traspirante la doglia remota della stirpe.
Il tuo SOFFRIRE mi splende casto come la fiamma
della lucerna antica sospesa alla capanna.
Dal poggio, onde rimiri
Le pecore brucanti, io sento in me colare
Pastor solitario, l’ansito tuo amore.
SOFFERTA malinconia
M’invade all’ascoltarti,
amarognola, quasi eco di lontananze
che giunga a lo smorire
tacito della sera sul monte di Gonàre.
Tutto mi ADDOLORA
Quel mugolìo che spandi, quando dismorzi il timbro
E par che in te ti chiuda
A ricavar dal fondo le melodie sepolte.
Simile ai tuoi randagi
Occhi PRETENDONO: tinti di rupe, squillanti a primavera
D’iridescenza d’erbe, fulvi di campi riarsi,
intrisi di mistero.
E nelle veglie tenti le pensili armonie
Stellari di mia terra, A RISCATTAR MIA TERRA.
ARTURO FILIPPI