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In un momento in cui il mondo dovrebbe unirsi per chiedere giustizia, pace e diritti umani per tutte le popolazioni coinvolte nei conflitti, il post pubblicato da Mario Carboni – Presidente dell’Associazione Chenàbura e membro del Direttivo della Federazione Associazioni Italia-Israele – rappresenta un grave passo indietro. Affermare che “Gaza delenda est”, richiamando l’antica retorica di distruzione totale, equivale a legittimare la ferocia come risposta alla violenza, giustificando implicitamente un genocidio contro una popolazione già vittima di una lunga oppressione.

La condanna di DSP: la vita e i diritti umani sono universali

Democrazia Sovrana e Popolare (DSP) condanna fermamente non solo le atrocità del 7 ottobre 2023 – che meritano un’indagine approfondita e giustizia – ma anche qualsiasi appello alla distruzione di un’intera popolazione. La retorica di Carboni è pericolosa e inaccettabile: affermare che ogni abitante di Gaza sia “complice” delle azioni di Hamas non tiene conto del fatto che la stragrande maggioranza delle persone che vivono nella Striscia di Gaza sono civili innocenti, intrappolati da anni in una delle più gravi crisi umanitarie al mondo.

Le dichiarazioni di Carboni non solo alimentano una narrativa che disumanizza una popolazione di oltre due milioni di persone, ma si allineano a una politica colonialista che, nel corso dei decenni, ha perpetuato il ciclo di oppressione, violenza e discriminazione. Gaza non è semplicemente un campo di battaglia, ma un luogo abitato da uomini, donne e bambini che meritano una vita dignitosa.

Le radici del conflitto: non giustificazione, ma contestualizzazione

Il post ignora volutamente il contesto storico e politico che ha portato alla tragedia che oggi affligge Gaza. L’assedio imposto da Israele dal 2007 ha reso la Striscia un’enorme prigione a cielo aperto, con l’accesso a beni essenziali, acqua e cure mediche gravemente limitato. Parlare di “complicità attiva” della popolazione civile di Gaza non solo è moralmente riprovevole, ma dimostra una completa ignoranza del fatto che, sotto il controllo di Hamas, molte persone vivono sotto minaccia costante, senza alcuna libertà di dissentire o agire.

La giustizia non si ottiene con la vendetta indiscriminata. Le tragedie come quelle del 7 ottobre non si sanano con altre atrocità. Richiamare la distruzione di Gaza, come fatto dai sovietici a Berlino durante la Seconda Guerra Mondiale, è un paragone non solo storicamente scorretto, ma anche pericoloso, poiché normalizza l’idea di un conflitto senza limiti, dove il diritto internazionale e i diritti umani vengono completamente ignorati.

La responsabilità di chi ricopre ruoli pubblici

È particolarmente grave che queste parole vengano da una figura pubblica con un ruolo di rilievo in un’associazione che promuove relazioni internazionali. Anziché invocare la distruzione, chi ricopre incarichi di rappresentanza dovrebbe agire per costruire ponti e promuovere soluzioni basate sul dialogo e sul rispetto reciproco. L’appello di Carboni è un fallimento morale che riflette una visione politica miope, incapace di immaginare un futuro di pace e convivenza tra i popoli.

La nostra visione: un futuro di giustizia e riconciliazione

DSP ribadisce la sua condanna verso ogni forma di violenza e sostiene la necessità di una soluzione politica al conflitto israelo-palestinese che garantisca sicurezza per Israele, ma anche giustizia, dignità e autodeterminazione per il popolo palestinese. Condanniamo le politiche colonialiste e i crimini di guerra perpetuati dal governo israeliano contro Gaza, che rappresentano un’ulteriore violazione dei diritti umani fondamentali.

Il nostro appello è per il rispetto del diritto internazionale, l’immediata cessazione delle ostilità e la creazione di un tavolo negoziale che coinvolga tutte le parti interessate. Distruggere Gaza non porterà alla pace; al contrario, perpetuerà il ciclo di dolore e odio che ha già devastato troppe vite.

In conclusione, le parole di Mario Carboni non rappresentano un’opinione politica legittima, ma un vero e proprio incitamento a una catastrofe umanitaria. Gaza non deve essere “rasa al suolo”: Gaza deve essere liberata dall’oppressione e restituita ai suoi abitanti come luogo di vita, non di morte.
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