di Ingrid Atzei

Il 15 marzo, in seguito alla proiezione del documentario di Massimo Mazzucco “Covid: le cure proibite”, si è svolto a Baratili San Pietro (OR) un corposo dibattito che ha visto il confronto tra il dottor Daniele Giovanardi – ex primario del Pronto Soccorso di Modena ed iscritto DSP -, il dottor Carlo Coiana – medico UMCO -, l’avvocato Antonio Verdone di ALI, nonché, in collegamento, il dottor Paolo Penco – pneumologo – e Massimo Mazzucco, notissimo per il suo impegno di ricerca e diffusione della verità.

L’accento dei diversi relatori è stato posto sulla consapevolezza necessaria in merito a quanto è accaduto in fase pandemica, immediatamente successiva ed attuale. Si è evidenziata, ancora una volta, la censura operata dal mainstream tanto sulle cure possibili – che, se applicate, non avrebbero potuto reggere il gioco di chi desiderava far credere che non ci fossero chance efficaci contro il “male del secolo” se non un preparato farmaceutico sperimentale coperto da segreto militare -, quanto sui medici che hanno operato in scienza e coscienza, seguendo il Giuramento di Ippocrate e andando incontro alla sospensione dal posto di lavoro e operando direttamente sul territorio senza frapporre nei loro interventi l’inutile e dannoso tempo del protocollo “tachipirina e vigile attesa”.

Oggi, a tanti potrebbe apparire fuori tempo massimo tornare sulle cure proibite, invece è importante mantenere sempre un faro sul periodo censorio e sottomissivo che abbiamo vissuto anche in relazione alle cure negate ai tanti che non ce l’hanno fatta. Si tratta di un crimine, una colpa grave dalla quale non ci si può sgravare con la trita affermazione «Seguivamo il Comitato Tecnico Scientifico», composto peraltro – come sottolineato nel documentario di Mazzucco – da organici o affini alle case farmaceutiche ed agli istituti sanitari. Le conseguenze di quell’agire sono oggi una triste realtà per taluni che hanno sviluppato sintomatologie avverse al profarmaco sperimentale e per altri una potenziale spada di Damocle che pende su delle esistenze che sono state ingannate con il solo scopo di sottometterle al ricatto vaccinale.

A circa cinque anni di distanza dal primo caso diagnosticato, è tempo di agire per strutturare una strategia funzionale ad evitare che il ricatto si ripeta. A tal fine sono certamente importanti i postulati, primo fra tutti la difesa del diritto a potersi curare, che hanno condiviso i sottoscrittori della Carta di Siena, tra i quali troviamo il dottor Daniele Giovanardi; mentre, su un altro versante, troviamo le iniziative referendarie legate alla campagna “Per mio figlio decido io”, sostenuta da ALI convinta che i tempi siano maturi per proporre dei referendum abrogativi della Legge Lorenzin.

Certo, non è semplice comprendere quale strada intraprendere ma fermi nella condizionata convinzione che nessuna strategia di difesa e prevenzione sarà efficace non ci si posiziona certamente nel modo giusto per approcciarsi alle prevaricazioni, agli abusi e alle imposizioni sottomissive.

Il messaggio forte che è emerso dal dibattito è che dobbiamo sempre informarci, pretendere la verità e la giustizia, puntare sulla medicina territoriale e sul confronto umano sempre più insidiato da automazione, meccanizzazione, identità digitali e assistenti digitali con i quali far valere le proprie ragioni diventa impresa oltremodo ardua.

Informarsi è sempre il primo passo per trovare la direzione.

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