di Paola Marrone

Il Governo Meloni non sarà ricordato come garante dello Stato di diritto. All’orizzonte fosche nubi contro la libertà personale si avvicinano minacciose.

Foriero di serie considerazioni sul futuro della libertà d’espressione e di obiezione all’ordine costituito è il disegno di legge 1660, il giorno 18 settembre 2024 al vaglio del Parlamento.

Il mefistofelico disegno, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”, porta la firma del Ministro dell’Interno Piantedosi. Ma un prefetto, oggi ministro dell’Interno, in un governo politico non rappresenta un’anomalia rischiando di trovarsi in complicate situazioni da gestire come le manifestazioni di dissenso in piazza attraverso modalità lontane dalla dialettica democratica, come manganellate, fumogeni, idranti, per disperdere cortei pacifici di persone che esprimono il proprio dissenso in modo civile?

Il ddl 1660 scongiura la possibilità di incappare in eccesso di zelo o abuso di potere da parte di chi deve mantenere sicurezza ed ordine, introducendo nuovi reati ed inasprendo le pene per chi infrangerà la legge.

A Cagliari, presso il Caesar’s Hotel, proprio il 19 settembre è stato organizzato un convegno dibattito per informare e discutere, in un pubblico confronto, su cosa si sta verificando nella Repubblica italiana e a cosa si sta andando incontro in termini di diritto e democrazia.

La moderatrice, Giulia Lai, avvocata penalista, apre il convegno usando toni accesi, mostrando seria preoccupazione per la deriva liberticida che il Governo, in nome dello Stato italiano, sta decretando, con il disegno di legge già approvato nel primo passaggio dell’iter parlamentare. Il documento in questione esprime un fattivo impedimento ai cittadini di esercitare quei diritti sanciti dalla Carta Costituzionale come la libera espressione di opinione e di dissenso. Stiamo vivendo un momento storico di trasformazione che ci vede vittime di una legislazione prona ed obbediente dettata da attori transnazionali animati da biechi interessi economico-finanziari, pronti a falcidiare qualsiasi azione di protesta. La transizione energetica, gli sconvolgimenti geopolitici e gli affari di chi vuole lucrare secondo agende prestabilite, devono essere attuati senza intromissioni. Ecco che, per agevolare e consentire l’esecuzione dei piani programmati da gruppi esterni, il Governo ha redatto un disegno di legge che impedisca la partecipazione democratica e la renda reato da perseguire con pene pecuniarie e detentive.

A questo punto, puntualizza l’avvocata Lai, è estremamente urgente perseguire due obiettivi: prendere tutti consapevolezza, informando le persone su quanto si sta verificando, e trovare le modalità di resistenza per opporci al provvedimento dispotico/tirannico in questione.

L’intervento della professoressa Francesca Pubusa, docente ordinario di diritto amministrativo, mira a considerare il disegno di legge in termini giurisprudenziali, partendo dal principio che una legge deve rispondere, secondo la Costituzione, ad un interesse generale. L’ordinamento democratico prevede che la sovranità sia esercitata dal popolo e che qualsiasi istituzione, nel suo esercizio, deve garantire finalità di interesse generale. Al contrario, nella sua concezione il ddl 1660 inasprisce sanzioni già esistenti, amplia la portata di alcuni istituti e stabilisce norme che giustificano l’azione repressiva delle forze dell’ordine restringendo il perimetro di chi semplicemente manifesta un dissenso, difendendo il diritto di chi ostacola un’azione di protesta civile, pertanto contro i cittadini, senza finalità di convivenza né di condivisione; accresce le pene per i reati di piazza e in caso di resistenza, violenza o minaccia (una mera offesa e parola potrebbe configurarsi come tale) a pubblico ufficiale (anche ad uno solo), o a qualsivoglia corpo dello stato, nel corso di una manifestazione di piazza: ciò che fino ad oggi era considerato illecito amministrativo domani sarà invece punito con una pena detentiva. Praticamente il Governo vuol far passare l’idea nella opinione pubblica che si sta mettendo in serio pericolo la sicurezza nazionale e gli interessi del Paese. Da quanto evidenziato, ne deriva che il ddl 1660 è un insieme di norme squilibrate, pertanto non possono essere considerate norme giuridiche, in quanto fuori dal diritto costituzionale: si passa impunemente da stato di diritto a stato di polizia.

L’intervento di Pino Cabras, politico, giornalista, già deputato del Parlamento italiano, spiega come la deriva liberticida stia interessando anche altre realtà a livello internazionale. L’U.S. Patriot Act del 2001 autorizzò qualsiasi riduzione del diritto: non solo permise l’utilizzo di mezzi di controllo e di sorveglianza di massa, ma si arrivò all’abuso della forza e alla tortura, giustificate dal dichiarato terrorismo. Da allora assistiamo a repressione di manifestazioni sociali con uso della forza, alla riduzione della libertà di parola, alla censura, tutto impedito da leggi irragionevoli e dall’abuso di sistemi socio-tecnici ed infrastrutture per il controllo sociale, che determinano punizioni o premialità, sulla base del comportamento stabilito arbitrariamente dal potere. Anche Pino Cabras ribadisce l’importanza di unirsi per obiettivi comuni ed urgenti superando le divisioni di carattere sociale o politico.

L’ultimo intervento è di Antonio Mazzeo, insegnante, peace-researcher e giornalista impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell’ambiente, dei diritti umani e della lotta alle criminalità mafiose, insignito della Colomba d’oro per la Pace. Nel suo intervento Mazzeo denuncia a gran voce quanto questo disegno di legge protegga le organizzazioni criminali, le borghesie mafiose e i poteri dominanti e criminalizzi la povertà e  il dissenso. Come in uno stato di guerra è importante per il governo cercare di annientare qualsiasi tipo di azione che provi a intralciare la macchina delle grandi opere (TAV, TAP, MUOS). Le conseguenze di leggi come questo ddl ricadranno sulle persone povere, sulle classi subalterne e su chiunque proverà ad organizzarsi contro lo sfruttamento e la repressione. L’inaccettabile sproporzione delle misure punitive previste, rispetto alle azioni compiute, colpiscono le persone obbligandole a scelte suicide.

È pertanto urgente, conclude Mazzeo, costruire patti di mutuo soccorso, di sostegno solidale, superando le differenze e l’individualismo per perseguire obiettivi comuni. È altresì auspicabile costituire un pool di giuristi e magistrati per aiutare le persone ad organizzare disobbedienza civile senza incorrere nelle trappole delle norme irrispettose dei cittadini e dare garanzia del diritto costituzionale. È irrinunciabile il diritto/dovere di manifestare e di difenderci dalle violenze transnazionali, anche organizzandoci in gruppi di mutuo soccorso.

 

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