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di Alessio Canu

Regalo di Natale (il film). Avete presente l’omonimo fil di Pupi Avati? Quello dove il protagonista partecipa ad un incontro di poker la sera della Vigilia di Natale con diversi suoi amici d’infanzia e uno sconosciuto avvocato? Dove vince mano su mano, salvo poi subire due mani devastanti, che lo affossano definitivamente per rimanere sul lastrico? Ecco la situazione attuale in Europa, in Italia e in Sardegna è questa, con i comuni cittadini che coprono il ruolo del protagonista e tutti i vari attori decisionali regionali, nazionali ed europei che coprono i rimanenti.

Che cosa intendo? Avete presente l’audizione di Mario Draghi davanti alla bicamerale del Parlamento? Quella dove al solito intende catechizzare i rappresentanti del popolo italiano sulle sue illuminanti idee? Dopo avere creato grattacapi, problemi e spaccature sociali a livello nazionale ed internazionale? Mentre le pecore dell’informazione lodavano qualsiasi sua azione, nella peggiore delle agiografie e del qualunquismo italiano (o italiota?).

Ecco quello. Quello che ha ispirato e fatto approvare il Dlgs 199/2021 meglio noto come “Decreto Draghi”, con il quale si è spalancata la porta alla speculazione energetica, distruggendo le possibili opposizioni locali e introducendo concetti aberranti come l’esproprio da privato a privato in nome della “Pubblica utilità” e andando in barba a qualsiasi norma o buonsenso di tutela ambientale e comunitario, stravolgendo i principi della transizione energetica e articolando un disegno normativo diabolico, complice la partecipazione di figure politiche che, per fare un esempio, oggi guidano la nostra Regione.

Avete letto il suo libro bianco di quasi 400 pagine (“Libro bianco sul futuro della difesa europea”), pieno zeppo di “consigli” per l’aumento della competitività UE? Ecco, qua avete il link a disposizione per consultarlo: https://commission.europa.eu/topics/eu-competitiveness/draghi-report_en?prefLang=it&etrans=it#paragraph_47059. Vi consiglio di leggerlo approfonditamente, senza condizionamenti in un senso o nell’altro, per pesare il testo e capire cosa comporterebbe la sua applicazione. Partite dalla pagina dove vengono elencate tutte le istituzioni, associazioni e società che hanno collaborato o contribuito alla stesura dei documenti (aprendolo, vi trovate un documento generale e uno più specifico).

Troverete tutto il gotha dell’economia europea, tra i quali diversi attori che si vorrebbero assegnare il primato della speculazione sui territori e sulle comunità più disparate, ossia noi comuni cittadini. Olsted, Engie, Enel, Glencore, Leonardo, RWE, Shell, Exxon, Equinor, Stellantis ecc ecc ecc: molti di questi nomi sono famosissimi, in Sardegna e in Italia. Brilla la presenza di una Banca Centrale Nazionale, ossia quella Italiana, probabilmente retaggio dei precedenti trascorsi del SuperMario Nazionale.

E poi i contenuti del documento. Se per diversi concetti richiama una serie di cose che potrebbero anche essere comprensibili (maggior velocità dei procedimenti, minore burocrazia, ecc), queste accelerazioni non sono legate all’idea di UE che la gente ha sempre richiesto. Ossia di un vero mercato comune, dove c’è la possibilità di avere più approdi commerciali, lavorativi ed economici, ma anche con fiscalità simili e meno finanza con paesi falchi che hanno fatto preda di quelli più deboli o messi peggio (una copia più in grande della dipendenza nostrana del Sud e delle Isole dal Nord). Invece diventa un grimaldello per giustificare una serie di passaggi finalizzati al rafforzamento dei grandi gruppi economici e di pochi soggetti economici a svantaggio della collettività. Si parla di accelerazioni in maniera ripetitiva e continua, se per l’innovazione questo è comprensibile e fisiologico, non torna il ragionamento sul fronte energetico (la nostra Isola ne sta subendo le conseguenze in maniera importante e la lotta degli ultimi 3 anni dei Comitati sta a testimoniarlo) e soprattutto sul fronte militare.

Soprattutto perché storicamente le corse alle armi (perché un’accelerazione altro non è che questo), corrispondono alla calma prima delle due tempeste globali e storiche quali sono stati i due conflitti mondiali. E dopo il secondo conflitto, il riarmo è corrisposto ad un’epoca di pace sì ma con l’asterisco, dato dal timore dello scoppio di un terzo conflitto annichilente l’umanità nel suo insieme, perché in questo caso atomico. Prima esisteva una linea rossa che accomunava e accomuna ancora oggi i blocchi che si contrappongono, ma che in molti fanno finta di dimenticare. Perché la difesa nazionale non si ricrea in un batter d’occhio, bisogna programmarla e tenerla costante, con l’idea di coprirsi secondo le proprie necessità. Non con un riarmo generalizzato, non dopo aver pensato a comprare quasi un centinaio di F35 che ti rendono ultradipendente dagli USA, quando stai già pensando a creare con Regno Unito e Giappone il caccia di sesta generazione o hai stretta necessità di ammodernare i tuoi mezzi corazzati (siamo ancora all’Ariete). Perché non siamo così fessi e sappiamo fare i conti della serva…

Così si giustifica una spesa militare aumentata non con una razionalizzazione e una riorganizzazione delle forze armate e dell’ordine, ma con investimenti a pioggia (i famosi 800 miliardi citati dalla Von der Leyen) che verrebbero dirottati da altre fonti. Basterebbe mantenere attive basi e caserme già attive senza doverne costruire di nuove. Basterebbe mantenere attivi ed aggiornare i mezzi operativi in uso, senza dover spendere miliardi su modelli non eccelsi[1] che poi ti legano visceralmente ad un alleato che tanto affidabile non è (vedi la vicenda F35). Basterebbe ringiovanire i ranghi, considerando l’età media avanzata e considerando che comunque tra congedi, permessi ecc una buona fetta delle forze armate non è sfruttabile.[2] E la restante è stata spesso usata in compiti non ben chiari per finalità come le missioni all’estero o Strade sicure.

E il punto di fondo è che l’industria delle armi è un’industria di tipo pesante, fortemente energivora, questo si collega al famoso disaccoppiamento (decoupling) delle fonti energetiche in corso negli ultimi anni e al modello energetico indipendente che si vorrebbe costruire sui nostri territori. A costo di sfregiare i nostri territori, a costo di averci destinato quei fondi e quelle risorse che ora si vogliono destinare al riarmo. E così tagli allo stato sociale, quindi sanità, previdenza, istruzione, in favore di un modello economico teso soltanto a privilegiare le grandi società, in contemporanea al processo di restrizione della rappresentazione politica, a livello nazionale come a livello locale.

In parole povere, il passaggio dalla democrazia all’oligarchia. E se qualsiasi investimento precedente veniva sacrificato sul tetto dell’austerity e del non sforare il debito dello 0,1, ora questo viene dimenticato in forza non del riarmo, ma delle sovvenzioni all’industria bellica. Perché di sovvenzioni noi stiamo parlando, giacché che un’impresa sia capace di generare profitti per la propria attività produttiva è disdicevole eticamente ma fiscalmente ineccepibile. Che la si gonfi con soldi pubblici sottratti ad altri fondi è altra cosa. Tanto vale che si parli di economia di guerra e si rispolverino termini che pensavamo dimenticati come i “prestiti di guerra”.

[1] https://www.geopolisonline.it/prospettive-geopolitiche/le-falle-dellesercito-italiano/

 

[2] https://www.geopolitica.info/forze-armate/

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