di Ingrid Atzei
Come tutti noi Sardi sappiamo, si sta consumando ai nostri danni un ignominioso scempio che sfregia il nostro territorio, violenta la nostra matrice identitaria, ci deruba delle nostre prime fonti di guadagno e ci vieta il godimento della bellezza della quale il Padreterno, per mano di madre natura, ci ha privilegiati. Da più parti fioriscono iniziative che tentano di sensibilizzare, contrastare, ridestare il senno assopito di un coacervo politico che, in nome di non si comprende bene quale specialissimo obiettivo di salvaguardia ambientale, sta trasformando la nostra isola in una sorta di Eldorado energetica che si tramuterà, quando i Signori del Green lo decideranno, in una desolata landa d’inservibili giganti sgraziati. Dinnanzi a tanto opportunistico depredamento, sentiamo forte l’esigenza di comprendere come possiamo difenderci, che strumenti abbiamo in mano per opporci a chi non solo emunge quel che gli pare dal nostro territorio, sacrificandone i connotati e le vocazioni del popolo che lo abita, ma non c’ha nemmeno interpellati. Bypassati, sfrontatamente bypassati! Questo siamo stati. Trattati come le formiche fastidiose su un terreno che ha attirato occhi avidi. Insignificanti e da disinfestare, neanche fossimo noi su un solo che non c’appartiene. Troppo dite? “Disinfestare” è un verbo iperbolico? Io, fossi in voi, non ne sarei così certa: se privi una terra finanche delle proprie opportunità economiche impresse da millenni nella polvere sollevata dal vento così come nelle salde rocce del panorama, affioranti come cristallo scintillante dall’orizzonte marino e riconoscibili nel verde capriccioso delle sue macchie e nelle linee seducentemente ritorte degli alberi modellati dal vento, nei loro tronchi ruvidi ai quali antiche genti hanno sussurrato preghiere e nei potenti grattacieli nuragici che la identificano, stai barbaramente arraffando qualcosa che non ti appartiene per sfrattare coloro ai quali appartiene. Con quest’animo scosso ho pensato le domande dell’intervista che vi propongo, fatta all’avvocato Michele Pala promotore del Comitato Sardo per il No e promotore del referendum popolare consultivo che ha per oggetto il seguente quesito:
Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?
Prima d’iniziare l’intervista, ringraziamo l’avvocato Pala per la propria disponibilità, la gentilezza e la passione che sta mettendo in quest’iniziativa.
Avvocato, la vostra proposta è un referendum consultivo che, quindi, non ha carattere vincolante per il legislatore. Che accadrebbe se, pur raggiungendo il numero di firme necessario, la consultazione non incontrasse la sensibilità del legislatore?
Tutto l’iter legislativo che ha condotto al DPCM del 29 marzo 2022 a firma Draghi, Cingolani, Giorgetti e Giannini sulla decarbonizzazione in Sardegna ha escluso la partecipazione della Regione, dei Comuni e delle Comunità locali. Con il referendum regionale consultivo, che è strumento di democrazia diretta, restituiamo al popolo sardo la possibilità di esprimere il suo parere sulla possibilità che il paesaggio rurale dell’isola sia trasformato in paesaggio industriale in danno delle attività produttive quali l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, in danno delle attività turistiche, del patrimonio archeologico, del patrimonio boschivo e sostanzialmente della stessa identità della comunità sarda. Infatti, è esattamente questa la posta in gioco: nel nome della agenda europea 2030 e della sostenibilità ambientale stanno per essere installati nel territorio e nel mare sardo migliaia di pannelli fotovoltaici e torri eoliche alte oltre 200 metri per la produzione di energia elettrica che sarà trasportata in Sicilia e poi in Campania attraverso cavi sottomarini. Considerata la dimensione di queste torri eoliche, visibili per la loro altezza da oltre 70 chilometri, non vi sarà più alcun paesaggio sardo che non sia connotato dalla presenza di queste attrezzature industriali. Purtroppo, occorre constatare che la raccolta di firme è iniziata da circa un mese senza che la politica vi abbia prestato la dovuta attenzione. In un paese realmente democratico sarebbe stato normale che il governo nazionale dinanzi ad una tale consultazione avesse sospeso le attività di installazione di torri eoliche e pannelli fotovoltaici nelle quali sono impegnate le grandi multinazionali, ma così non è stato. È, dunque, possibile che anche di fronte ad un esito referendario che dichiari l’indisponibilità dei sardi al sacrificio della propria isola, la politica subalterna agli interessi sovranazionali continui nel suo imbarazzante silenzio. Sarà, allora, necessaria una grande mobilitazione popolare che sia di tali proporzioni da evidenziare che la perdita di sovranità nazionale ha reso lo Stato incapace di difendere i propri cittadini e le loro vite di fronte agli interessi del grande potere economico sovranazionale.
Come mai non proporre un referendum abrogativo?
Può essere proposto il referendum abrogativo di leggi regionali, ma nel nostro caso tutto è disciplinato da norme nazionali che possono essere abrogate solo con un referendum nazionale. Ci siamo, dunque, limitati a chiedere che i sardi si esprimano in maniera consultiva, unitaria e istituzionale su di un tema di interesse generale affinché sia chiaro il loro parere e siano evidenti le responsabilità politiche di coloro i quali non ne vogliano tenere conto.
Il vostro è un comitato spontaneo? Com’è nato?
Il nostro è un comitato spontaneo, nato per la presa d’atto della mancanza di una classe politica capace di affrontare i problemi della modernità. Ne fanno parte persone di diversa estrazione sociale e sensibilità politica, ma tutti concordi nel ritenere che i principi democratici meritino di essere applicati e non solamente declamati come in uso nel nostro paese. Ciò che ci rende uniti è l’aver compreso che l’identità di un popolo corrisponde al suo territorio con le sue bellezze ambientali, il suo patrimonio archeologico e tutto ciò che lo rende unico ed irripetibile. Lo stravolgimento del paesaggio rurale sardo si traduce nella sottrazione dell’identità nel nome di discutibili e contraddittorie politiche ambientali europee asservite ad interessi economici che poco hanno a che vedere con il rispetto dell’ambiente.
Tutti i Comuni hanno ricevuto la modulistica referendaria? (Lo chiedo giacché sul sito del mio Comune non ho visto segnalato questo referendum…)
Non tutti i Comuni hanno ricevuto la modulistica, ma solo i Comuni più grandi. Ci stiamo attivando sul territorio con una vasta rete di collaboratori per distribuire capillarmente la modulistica anche nei Comuni più piccoli.
Chi volesse apporre la propria firma, potrebbe farlo anche on line o si può firmare solo presso il proprio Comune di residenza? E quanto tempo c’è per raccogliere le 10000 firme previste?
Non è possibile firmare on line perché le firme devono essere apposte negli appositi moduli vidimati dalla Corte d’Appello di Cagliari. Come dicevo ci stiamo attivando perché sia possibile firmare in tutti i Comuni, ma nella gran parte di essi i cittadini possono già firmare per il referendum consultivo. Nondimeno, si tenga conto che i moduli sono vidimati al 15 giugno e, da quella data, ci sono 4 mesi di tempo per apporre la propria firma.
Se qualche amministrazione comunale o qualche cittadino vi volesse contattare potrebbe farlo unicamente tramite mail o avete altri canali disponibili?
Il Comitato Regionale Sardo per il No può essere contattato utilizzando la mail sardegnaperilno@libero.it oppure al cellulare n. 379.249.1797. Inoltre, possono aversi notizie della campagna referendaria presso il sito internet www.referendumpaesaggiosardo.it .