di Ingrid Atzei
Prima di iniziare effettivamente l’articolo e rispondere alla domanda, facciamo un po’ di mente locale…
Era la fine di marzo 2023 quando il Segretario del Consiglio di Sicurezza russo Nikolai Patrushev pronunciò queste parole:
“Abbiamo armi avanzate e uniche in grado di spazzare via qualsiasi nemico“.
Questa frase venne diffusa, urbi et orbi, corroborando l’incentivazione della fobia nucleare. E nonostante, a più riprese, l’Occidente collettivo sia stato rassicurato circa il fatto che la Dottrina militare russa non prevede l’utilizzo dell’atomica se non in caso di minaccia esistenziale, tutti i discorsi allarmistici e colpevolistici ruotavano su un unico argomento. Ma era davvero quella, l’atomica, in quel preciso momento, l’unica interpretazione possibile delle parole di Patrushev e, prima ancora, delle intenzioni espresse dal presidente russo Vladimir Putin (del quale riporteremo nella seconda parte dell’articolo una citazione)?
Quando Nikolai Patrushev parlò di “armi avanzate e uniche”, lo fece, verosimilmente, rivolgendosi ad una controparte ben consapevole delle potenzialità del dominio cognitivo. Questo c’induce una considerazione: il Segretario non intendeva, dunque ed eminentemente, alimentare lo spauracchio nucleare nelle popolazioni occidentali, inquanto esso è certo un’estrema ratio possibile dal punto di vista dottrinale ma, nel tempo, si sono affinate armi cognitive efficaci e con un impatto al suolo, per le economie e le identità storiche dei popoli, decisamente differente. Inoltre, se davvero avesse voluto alimentare quello spauracchio le avrebbe chiamate esattamente con il loro nome: armi atomiche.
Certo, si potrebbe obiettare, ma così facendo avrebbe finito per compattare anche la popolazione scettica attorno ai belligeranti guerrafondai, perché è indubbio che lo spauracchio nucleare è sempre emotivamente pregnante dal punto di vista psicologico. Vero, anzi di più; così facendo avrebbe dichiarato guerra alle popolazioni e non solo ai loro scellerati governanti. Cionondimeno, dobbiamo ricordare che, più volte, dalla parte russa è giunta la premura di distinguere governanti da popoli, segno evidente del tentativo di non rendere il conflitto totale. E questo resterà l’obiettivo russo, almeno finché sarà possibile, dal momento che l’Occidente si sta impegnando assai nell’applicare la strategia dello stimolare la reazione così da far passare l’antagonista per il cattivo, l’aggressore, l’invasore, l’usurpatore e il dominatore con mire espansionistiche/belligeranti/distruttive.
Pensate, ad esempio, all’incremento del livello di allerta disposto per tutte le basi Nato in Europa che il 30 giugno ha fatto slittare il livello Bravo in livello Charlie per un timore, non meglio precisato, di attacchi terroristici. Ora, gli alti funzionari USA invitati a dare spiegazioni hanno messo assieme un po’ di tutto ma certo nessuno di noi starebbe tranquillo nel vedere il proprio dichiarato nemico che spolvera i guantoni…
Tornando, specificamente, allo spauracchio nucleare esso era, fin dall’inizio, utile all’Occidente per giustificare l’ulteriore adozione di misure emergenziali fattive e, contemporaneamente, per porre in essere eventuali investimenti economici warfare piuttosto che welfare che, altrimenti, non avrebbero avuto accesso facile al (comunque) passivo metabolismo dei nostri popoli, proprio perché una guerra cognitiva è scarsamente percettibile.
Consentitemi, ora e come già anticipato, di riportare anche un’altra citazione tratta da un discorso tenuto dal presidente russo Vladimir Putin ben prima che parlasse Patrushev, ovvero nei primi tempi dell’operazione militare speciale in Ucraina.
“Lasciatemelo dire ancora una volta … Abbiamo a disposizione i mezzi adeguati, mezzi che nessun altro ha.”
Perché questa ulteriore citazione? Perché, più in generale, stiamo anche fornendo, con la nostra analisi, una possibile chiave di lettura alternativa per le famose liste di proscrizione dei filo-putiniani. Ovvero, partendo dal presupposto (diverso da quello andato per la maggiore) che le “armi avanzate ed uniche” afferiscano (o, quantomeno, allora afferissero precipuamente) al dominio cognitivo, se ne potrà dedurre che coloro i quali manifestano un pensiero dissenziente rispetto ad una narrazione unica convenuta dell’Occidente collettivo (anch’essa, si badi bene, strutturata per imbibire le menti dei propri popoli) non staranno esprimendo un pensiero critico agito ed esperito in autonomia ma l’output (esito) di un’interferenza avversaria. Se ne desume che, evidentemente, qualcuno in Occidente ritiene che non esistano più persone in grado di formulare pensieri in autonomia e che, piuttosto, l’intellettualmente vivace popolo italiano (giusto per giocare in casa) sia rappresentato unicamente da individui capaci di metabolizzare solo ciò che è già stato masticato da qualcun altro. Sic! E ciò è svilente oltre che denigratorio e pericoloso ma, d’altra parte, come abbiamo detto, nessuno di noi è escluso dagli attacchi cognitivi da qualunque parte essi provengano. Naturalmente, fosse pure la parte amica o ritenuta tale. Di qui, ahinoi, le grandi preoccupazioni dei proscrittori ben consapevoli che, come metteva in evidenza Sigmund Freud in Psicologia delle masse, «si cede prima alle parole e poi, a poco a poco, anche alla sostanza». Che poi la sostanza, a seconda della parte dalla quale proviene, sia davvero tale e non forma distorta mascherata da sostanza pare essere decisamente secondario.