di Fabio Seu
Ormai ci siamo, è arrivato il momento delle elezioni più attese, quelle che hanno maggiore visibilità nel mondo. Molti, anche nel cosiddetto fronte del dissenso, attendono con impazienza il ritorno di Donald il Salvatore, colui che porrà fine alla guerra e riporterà la pace sulle Terra. Sarà veramente così? Per capirlo sarà forse utile fare un salto indietro di qualche anno, direi quasi un secolo, fino ai primi decenni del secolo scorso e parlare di una famiglia certamente ignota alla maggior parte di noi: i Bielski. Erano costoro una famiglia di contadini ebrei che viveva a Stankiewicze, un villaggio della Bielorussia, la cui parte occidentale era stata annessa alla Polonia dopo l’invasione hitleriana. I Bielski aiutarono gli ebrei dei villaggi vicini, e anche quelli di grandi città come Minsk a sottrarsi alle retate delle SS tedesche. Novgorod (nuova città in russo) era una cittadina la cui popolazione, in origine circa ventimila abitanti, era stata decimata dalle retate tedesche. Tra i poco più di cinquecento sopravvissuti c’era una giovane donna, una certa Rae Kushner, che, dopo essere fuggita dal suo paese, aveva vagato a lungo per l’Europa, anche in Italia, dove aveva conosciuto quello che poi sarebbe diventato il marito, Joseph Berkowitz. La giovane Rae era una donna sveglia e intraprendente a tal punto che convinse il marito a prendere il suo nome; e così Joseph Berkowitz divenne Joseph Kushner. Dopo la nascita dei figli si trasferirono a New York, e qui Joseph novello Kushner mise in piedi un impero immobiliare che alla sua morte, nel 1985, contava circa quattromila case. Il figlio di costui, Charlie, soprannominato il padrino ebreo di New York, nel 2000 aveva più che raddoppiato l’estensione dell’impero, che arrivò a contare circa diecimila case. Egli era uno dei più grandi finanziatori del “Chabad Lubavitch”, uno dei grandi gruppi del giudaismo chassidico, una corrente mistica ultraortodossa sorta nel diciottesimo secolo in Polonia, oggi presente in diversi paesi europei e negli Stati Uniti e famosa per il suo settarismo (vestono rigorosamente di nero, hanno vistosi cappelli a larghe falde e lunghe barbe incolte). Le donazioni annuali della setta raggiungono il miliardo di dollari, una parte dei quali va a finanziare i coloni della Cisgiordania e i partiti della destra religiosa in Israele. Charlie era un ebreo praticante, ma anche un carattere irascibile, e teneva all’integrità del suo patrimonio tanto che giunse ad assoldare una prostituta per far sedurre e poter così ricattare il cognato, colpevole ai suoi occhi di essere uno scialacquatore di quel patrimonio. Ebbene, il figlio di Charlie, Jared Kushner, qualche anno più tardi avrebbe sposato Ivanka, figlia di un altro noto immobiliarista americano, un certo Donald Trump. Ecco spiegato il filosionismo di quest’ultimo, e l’appoggio incondizionato all’entità occupante. D’accordo, obietterà qualcuno, Trump è un sionista, ma è pur vero che non ha scatenato nessuna guerra durante i quattro anni del suo mandato. Chi dice questo non considera che sono vent’anni che gli Stati Uniti non combattono una guerra in prima persona, affidandosi quando occorre alle guerre per procura. Ed è poi vero che durante la sua presidenza ha dimostrato di essere quel paladino della pace come molti reputano? Ricordiamo che Trump ha perseguito una politica ostile nei confronti della Cina, ha rafforzato l’embargo contro Cuba, ha promosso un colpo di stato (poi fallito) in Venezuela per deporre il presidente legittimamente eletto Maduro, ha stracciato un trattato con l’Iran ripristinando le sanzioni nei suoi confronti, ha fatto assassinare il generale Soleimani, capo dei pasdaran iraniani ed eroe della guerra contro l’Isis in Siria. Inoltre, sempre a proposito della Siria, il tycoon diventato presidente ha compiuto due attacchi missilistici, il primo nell’aprile del 2017 come rappresaglia per l’attacco chimico di Khan Shaykhun, falsamente attribuito ad Assad, e una seconda volta nell’aprile 2018, come rappresaglia per l’attacco chimico di Douma, che si scoprì poi essere una vera bufala. Che dire poi degli affari del genero, prosperati all’ombra della sua presidenza? All’uopo gioverà ricordare che Jared Kushner è titolare della Kushner Company, società con una fortissima esposizione debitoria, che è stata salvata da Anbang Insurance, un fondo di cui lo stesso Jared è azionista e che vede come azionista di maggioranza il Partito Comunista Cinese. Affari con la Cina in barba alle politiche ostili e ai dazi commerciali che magari andavano a penalizzare i consumatori americani. E però- obietterà pur sempre qualcuno-Trump era contro la farsa pandemica, contro i vaccini, etc. etc. Ebbene non mi risulta che abbia assunto una posizione ferma contro l’obbligo vaccinale, la sua è stata una posizione piuttosto oscillante ed anzi ricordo alcune sue dichiarazioni in favore delle inoculazioni sperimentali. E la cosa non deve stupire più di tanto se si considera che le case farmaceutiche elargirono più di quaranta milioni di dollari per la sua campagna elettorale. In cambio nell’amministrazione Trump erano rappresentate più di sessanta industrie farmaceutiche, nove dipendenti della Casa Bianca in precedenza erano stati lobbisti di Big Pharma, ventiquattro membri dell’amministrazione avevano prestato servizi legali a Big Pharma in passato e dopo la fine del mandato presidenziale due ex membri dell’amministrazione sarebbero andati a lavorare per Big Pharma.
Nonostante tutto- obietterà il solito inguaribile ottimista- Trump ha promesso che metterà fine alla guerra in Ucraina, e solo questo sarebbe un motivo valido per auspicare la sua elezione. Cari amici, detto in confidenza, questa cosa mi fa abbastanza ridere. Davvero qualcuno pensa che Trump vorrà e potrà mettere fine alla guerra?
Quanto al volere, quel che probabilmente vorrebbe è un parziale disimpegno nei finanziamenti da parte del suo paese, meno risorse statunitensi all’Ucraina e per converso più risorse europee: e questo già non dovrebbe convenirci. Ma soprattutto non potrà, e nessuno potrà, porre termine al conflitto in termini brevi: oramai si è innestata una dinamica degli eventi per la quale la Russia andrà avanti fino al raggiungimento degli obiettivi: annessione del territorio fino a Odessa, in modo da ricongiungersi con la Transnistria e neutralizzazione di quel che rimarrà dell’Ucraina, mediante l’insediamento di un governo amico, o mediante la dichiarazione di uno status di neutralità garantito in qualche modo dalle Nazioni Unite. Ricordiamoci quel che ha detto Putin nella famosa intervista a Tucker Carlson sulle preferenze russe per la presidenza americana (il tono era apparentemente scherzoso ma la sostanza era seria). E il ministro degli Esteri russo Lavrov, in una recentissima intervista, mette una pietra tombale sulla questione: “Non abbiamo alcuna preferenza. Quando Donald Trump è stato presidente è stata applicata una quantità di sanzioni nei confronti della Russia più elevata in confronto a quelle applicate dai suoi predecessori, per noi non ha importanza chi vincerà le elezioni, non crediamo che l’approccio anti russo degli USA cambierà!”