La Sardegna è, oramai, preda di depredatori senza scrupoli che ne vogliono mortificare la meraviglia paesaggistica in nome della transizione green. Già questa, l’abbiamo detto più volte, è un’aberrazione in termini!

Ma quel che più sconcerta è che, per farlo, gli sfruttatori ne devono cambiare i connotati pure per consentire a delle abnormi strutture, deputate alla produzione di energia cosiddetta pulita, di tagliare alberi, devastare linee di transito urbano ed extraurbano e modificare l’assetto degli spazi là dove non li si ritenga congeniali al megaprogetto di distruzione che si sta perpetrando in questi giorni con il benestare di un’amministrazione regionale che dir miope è poco e di un governo nazionale che considera la nostra terra niente più che una miniera d’oro dalla quale emungere il più possibile mentre s’inquina e si devasta con una noncuranza ignominiosa ogni angolo di suolo e di mare.

La poesia che segue nasce dal profondo dolore che simili ferite procurano in noi Sardi che, in passato, abbiamo conosciuto tante invasioni e abbiamo lottato per difendere la nostra Sardegna; eppure, stavolta, pare proprio che lo scopo non sia invaderci per strapparci la nostra terra, ma distruggerci per cancellarla la nostra terra. Questo, infatti, accadrà quando questi mostruosi impianti di produzione fintamente green diventeranno, oltre che squallidi a vedersi, inservibili. Questa volta realmente non fintamente.

 

Poesia di Michele Carta

Ventu de sas élites

Dies malas su populanu sardu est biende

dae Cando in su mare su sonu de sas naves istranzas arribare intende,

parent militares, parent multinazionales

ma de siguru est su printzipiu de medas males.

Cun su ventu de sardigna sas multinazionales si cherent gosare

lestros che gurpes preparadu ant su dinare

pro de su populu fintzas s’anima comporare.

Cun cara de serpente Promittint isviluppu e ricchesa

e a palas sunt cuande sa mortifera malesa.

Su populanu cumbintu est de tenner pro sos badanzos unu postu

ma no s’agattat chi lu sunt preparande pro su cumpostu.

E tando chie at frimmare custa multinazionale peste?

Sos politicos de fora o sos de viale Trieste?

Deo creo nessunu, ne dae cue ne dae su parlamentu

in uve ibbia sos riccos connoschent godimentu.

E gasi puru sos politicos de sos nostros cantones

chi de sa cosa sarda sunt semper istados furones.

Dae su 1409 chi accabadu at Arborea

sas élites sarda ant fattu solu cosa fea,

frittinde sa conca innantis a s’ibericu conchistadore

fintzas a padire de sos Savoia su pudessore.

Offesas, frastimos e calles sas élites nostras ant açettadu

narande a su populu chi custu fudi su chi volia soportadu,

pro su bene de cada sarda persone

ma sos badanzos fiant ebbia pro issos a muntone.

Si bogant pro essere sardos in sas caras

ma su verbu de su dominadore tenent in laras.

Obbedint a sos istranzos che bestias de mannaliza

pagados cada mese 10.000 € e prus miza.

Élites sardas sunt de coro istranzu

chi ant semper lassadu su populu che a gana lanzu,

a bois élites sa vergunza no bos dat appretu

pro ca de bois etottu no tenides rispettu.

Bos naides esser de custa terra

ma sardidade no nde tenide mancu una perra.

Su ventu sardu bellu at a diventare

pro issos chi dinare ant contare.

Pro su populu fetzi disauras si ant a prospettare.

Ma nentzi sa dignidade su populu at a tutelare

e in cada parte de Sardigna s’at a recordare

e a sos zovanos a tramandare

chi élites de pagu valore

ant distruidu de sa Sardigna sa terra e su laore

pro si che prener sas buzzacas che malos impostores

lassande a sos atteros males e tumores.

 

Vento delle élites

Giorni cupi il popolo sardo sta vedendo

da quando nel mare il suono delle navi straniere sta sentendo,

sembran militari, sembran multinazionali

ma di sicuro è il principio di molti mali.

Del vento di Sardegna le multinazionali si voglion giovare

veloci come volpi preparato hanno i denari

per poter del popolo anche l’anima comperare.

Con faccia da serpente promettono sviluppo e ricchezza

e alle spalle stanno nascondendo mortifera grettezza.

Il popolano convinto è di aver per i guadagni un posto

ma non si accorge che lo stanno preparando per il composto.[1]

E allora chi fermerà questa multinazionale peste?

I politici di fuori o quelli di viale Trieste?[2]

Io credo nessuno, né da lì né dal Parlamento,

dove solo i ricchi conoscono godimento.

E così pure i politici dei nostri cantoni

che della cosa sarda son sempre stati ladroni.

Dal 1409, che le vestigia d’Arborea[3] son state distrutte,

le élites hanno fatto solo cose brutte[4]

piegando la testa dinnanzi all’iberico conquistatore

fino a sopportare dei Savoia il fetore.

Offese, maledizioni e calci le élites nostre hanno accettato

dicendo al popolo che questo era ciò che volea sopportato

per il bene di ogni sarda persona

salvo poi che solo per loro i guadagni eran una pasciona.[5]

Si mostrano sardi all’apparenza

ma del dominatore portano sulle labbra l’irriverenza.

Obbediscono agli stranieri come bestie addomesticate[6]

sicuri che le loro rendite da più di 10.000 € verranno pagate.

Élites sarde sono ma dal cuore straniero

che sempre han lasciato il popolo come la fame leggero.[7]

A voi élites la vergogna non sfiora

perché in voi stessi il rispetto non addimora.

Vi dite di esser di questa terra figli

ma di sardità non ne avete manco nei sopraccigli.[8]

Il vento sardo diventerà bello

per coloro che il denaro metteranno nel borsello.

Per il popolo solo disastro si prospetterà

ma almeno la dignità il popolo tutelerà.

E in ogni parte della Sardegna si ricorderà

e ai giovani lo si tramanderà

che élites di valore scarso

hanno reso il munifico suolo sardo pari ad uno arso[9]

per riempirsi le tasche come cattivi impostori

lasciando agli altri mali e tumori.

 

[1] Tale termine, cumpostu, si usa in sardo per indicare la preparazione del cadavere dentro la bara.

[2] Sede principale degli uffici della Regione Sardegna.

[3] L’ultimo giudicato autoctono sovrano indipendente di Sardegna, caduto per mano spagnola.

[4] L’aggettivo sardo fea deriva dallo stagnolo feo, e significa esattamente brutto.

[5] Nel componimento in vernacolo è stato utilizzato il termine muntone che, più precisamente, indica accumulo di molte cose ma, anche, un qualcosa che si accumula per una persona in grosse quantità come i soldi.

[6] Mannaliza è il termine utilizzato in vernacolo per indicare le bestie domestiche che un tempo si tenevano in casa, come le galline o il maiale.

[7] La parola lanzu vuol dire magro e l’espressione lanzu che gana, letteralmente ‘magro come la fame’, si usa per una persona devastata dalla fame o tenuto alla fame.

[8] Con perra si intende, in realtà, un pezzo di qualcosa, in special modo un pezzo di cibo.

[9] Laore si usa per intendere la produzione agricola seminata in un terreno o, in generale, si usa per indicare la produzione cerealicola ottenuta.

 

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